Il messaggio della
        Famiglia Camilliana
                                                        di Csíkszereda


Anno XV, nr. 156 – agosto 2011

La „focaccia dolce a cappa” della Nonna, nostra delizia nazionale

            Penso che ciascuno conosce la „focaccia dolce a cappa” (un tipo di dolce tradizionale dei siculi di Transilvania) della Nonna che vive nei nostri dintorni. Questi parlano da soli. Colui che l’assaggia può ricordarsi alla propria nonna con tutti gli avvenimenti che succedono attorno la preparazione di tale delizia nazionale. La Nonna della focaccia non è soltanto un mito, bensì una vera persona in mezzo alla propria famiglia.
Nell’agosto di 2000 prima ancora di cominciare il mio servizio di pastorale dei malati, l’ha portata mia madre ad un luogo di cura sopra le nostre montagne per sollevare i suoi dolori reumatici. Qui l’ha conosciuta “la Nonna”, la signora Fazakas Ida, da un paese della regione col suo marito Gregorio. Soggiornavamo vicino. Loro pregavano ogni sera e ci hanno invitato anche noi. Per me tali incontri passati nella preghiera sono stati dei notevoli eventi, Erano delle ore indimenticabili. Nell’atmosfera dell’orazione si è germogliata la nostra anima, si guariva il corpo ed il futuro ci ha promesso la speranza incoraggiante. La candela benedetta ci ha dorato i nostri volti in quell’ambiente dell’amore condiviso, sollevava il dolore dei cuori che portava ciascuno nel suo interiore in silenzio, trasfigurandolo nel segno e ragione evangelico di Cristo. Naturalmente era il gesto di „moltiplicazione del pane” della Nonna che ha concluso lo star’ insieme familiare che suscitava di esprimere a ciascuno di noi i gesti della gratitudine per tale diakonia di carità così perfetta.
L’amalgamarci nato dall’orazione e nutrito dalla preghiera ci è rimasto poi per anni, fino ad oggi. Per quanto tempo potevano, preparavano la focaccia per il pellegrinaggio pentecostale (manifestazione di più centomila pellegrini) o anche per altri manifestazioni. In tali occasioni ci incontravamo, abbiamo rinfrescato i nostri ricordi, gioendo dell’incontro, e ci siamo incoraggiati a vicenda per le sfide quotidiani futuri. D’allora si è impegnato nel loro lavoro uno dei loro figli, aprendo una prospettiva nuova, perseverando però le tradizioni della Nonna. La ”putizza” di noce o papavero per ricordare solo la cosa più importante, ha conservato il sapore e consistenza che ho conosciuto solo a casa accanto la tavola di festa e che l’ho tentato anch’io di mantenere.
L’estate scorso avevo l’occasione conoscere l’”enigma” per cui è così straordinaria la focaccia che la Nonna e suo marito preparano. Iniziano il giorno con la preghiera. Si alzano presto, si preparano a cotta, durante il quale si pregano a lungo, cantando canti sacri. Svegliarsi a tale sorpresa è un evento straordinario. L’anima mia si alza a Dio o ascende Dio sulla terra in questi momenti? Mi lasciavo essere coccolata nei mattini, dimenticandomi in questo bellissimo rito di casa perché si sono avvenuti i miei ricordi d’infanzia, elevandosi fino all’eternità (La Preghiera del mattino allo Spirito Santo, diletta della Nonna, raccolta da lei è diventata anche il nostro diletto con i malati nell’ospedale, Libro di preghiera/Imakönyv, 91),
            Da loro posso sempre andare a casa, insieme con chiunque. Una volta, quando l’abbiamo visitati nel loro casa weekend, erano fuori casa. Avevamo fame. Sapevo che si può trovare sempre qualcosa sul tavolo per „un membro di famiglia” che arriva improvvisamente. Non c’era da pensare tanto, ci siamo buttati nel mangiare, avendo comunque attenzione di lasciare ancora. Era il brodo e la polenta col ricotta di pecorino. Non l’abbiamo riscaldato, era buono così, come l’abbiamo trovato. Mangiavamo in allegria quando sono arrivati. Quando hanno saputo che siamo un po’ timidi, ci hanno incoraggiati fino a quando abbiamo mangiato tutto, naturalmente insieme con la delizia del giorno. Nel frattempo abbiamo raccontato tutto a vicenda che ha successo dopo l’ultimo nostro incontro.
(„Mondo di Cristo”, agosto 2011, 9)

2011: l’anno dell’Occhio - i camilliani quali padri del buon morire

Enikő, la provvedente del regno dei cieli

            Per la nascita aspettiamo nove mesi, per partire poi ci prepariamo una vita intera. Bisogna sapere come andare via, la morte deve essere meritata. Quando muore qualcuno pensiamo che rimaniamo più poveri, in realtà invece ci arricchiamo con un amico in più nel regno dei cieli.
            Enikő e Stefano sono nati gemelli. Nell’infanzia abbiamo giocato molto insieme. Ci stavamo bene ed anche i nostri genitori erano amici tra di loro. Le due famiglie valutavano ogni evento come il loro proprio, si sono allargati i quadri delle famiglie, c’era spazio per i dolori e le gioie a vicenda.
Per me, che sono incontrata per prima volta con due gemelli, era una curiosità vedere due bambini nati insieme, la bimba un po’ prima. Era un enigma l’essere gemelli. Forse volevo anch’io un fratello di mia età, perciò l’ho trovato con loro tale desiderio. Quando erano piccoli portavano dei vestiti uguali, erano come gli angeli, totalmente simili, mi piaceva soprattutto il loro vestito bordò.
            Quest’anno Enikő si è ammalata e la notizia apriva le ali tra gli amici. La diagnosi usciva presto quale inguaribile, dopo quale ogni sforzo andava in vano, e d’allora pian piano si è incominciato il processo terribile. Enikő si fidava tanto nel sapere della medicina e dei medici, essendo ella stessa una delle più brave provvedente dell’Ospedale Generale della provincia. Forse pensava, se lei provvede gli altri nella misura massima, riceverà la stessa misura. Non era così. La chemioterapia l’ha buttata giù. Mi raccontava con dolore che solo dopo la chemioterapia ha cominciato sentirsi così male. Prima aveva i sintomi, ma solo dopo si è sviluppato tale malessere insopportabile. Malgrado tutto, ella sperava che la seconda chemioterapia la guarirà. Tale evento non è avvenuta mai.
            Durante le nostre conversazioni mi ha raccontato le sue offese. Non era mai un tipo che piange invano, ma ora si è scattato. Non poteva elaborare le sue offese. Ho dovuto mettere tutte le mie forze per poter farla capire la grazia del perdono che le la spetta. Era difficile capire, ma infine ci siamo riusciti. Durante la sua crocevia era arrivata ad un punto così profondo che l’ho chiesto di non ricevere quei visitatori con i quali rivive quei cattivi eventi che la fanno soffrire, ora bisogna fare le distanze per non cadere sempre dentro nel dolore imperdonabile. Non è semplice risolvere tale situazione quando un malato sente che la vita era troppo ingiusta con lui. Siamo anche di uomo, esseri umani.
            Per sollevarla, le ho tirato fuori i nostri bei ricordi dell’infanzia. I suoi occhi hanno cominciato brillare, si ricordava volentieri quei eventi affascinanti, eravamo di nuovo insieme sotto il Sole, nel cortile con le „tante bambole” come ella notava. Ridevamo dimenticandoci noi stessi, come la vita fosse un gioco in cui si dimentica la minaccia del presente. In quest’atmosfera poi era più facile lasciar perdere i ricordi gravi e le persone che hanno incorporato tale realtà amara. L’ho benedetto con la benedizione della Santa Vergine di Medjugorje, chiedendola di rimanere mano in mano con Lei.
            La fine è arrivata, l’abbiamo seppellita Enikő, ma se ne andata riconciliata, lasciandoci il suo bellissimo sorriso che possiamo ora guardare sul volto di sua figlia che anche se piange, nei suoi occhi brilla un sorriso celeste intangibile.

Enikő è diventata ormai la provvedente del regno dei cieli, chiediamo ogni volta un po’ di splendore da quest’eterno sorriso che ci ha lasciato quale nucleo della sua propria bellezza.

Con affetto, Bakó Mária Hajnalka, RO – 530 194 Csíkszereda, Hunyadi János, 45/A/27, Tel/Fax: 0040 366 10 22 55 / 0040 721 088 154 / e-mail: mariabako@hr. astral.ro http://www.hhrf.org/gyrke/camilliana


<< settembre 2011

luglio 2011>>